Che cosa c'entra Pamela Anderson con il leverage impazzito? E che cosa hanno a che spartire la spregiudicatezza sessuale e l'esasperazione degli scambi di cartolarizzazioni folli? È la storia di copertina del secondo numero di IL - Intelligence in Lifestyle, il nuovo maschile del Sole 24 Ore che i lettori troveranno in edicola allegato al quotidiano domani, venerdì 24 ottobre. Un numero dedicato ai nuovi stili di vita che chiudono l'era dell'apparenza,dell'esagerazione, del falso lusso. Inaugurando un tempo nuovo, il ritorno a una sobrietà di pensiero e dicomportamento che non consiste tanto nella riduzione dei consumi, ma nel ritorno a un consumo migliore. A un'eleganza di atti e parole che si allontanano per sempre dalla hybris, come scrive Fabrizio Galimberti, da quel misto di arroganza e sicurezza di essere eletti, di far parte di una schiera al di sopra degli uomini normali in quanto infallibili, che ha dominato gli ultimi anni nella finanza come nella società.
Purtroppo, non era così. E il mondo che verrà sarà dominato da un ritorno al rapporto tra cose e parole, tra immagine e sostanza, tra forme e contenuti. Perché nel desiderio proprio come nell'economia la moltiplicazione del valore è il segno della sua scomparsa, l'ultima tappa di avvicinamento all'implosione del sistema.
In effetti, come spiega Paolo Martini, oltre ai più acuti analisti anche qualcun altro lo aveva notato. Per esempio Gianfranco Vissani, che ha lasciato il menù da 300 euro per la proposta «1 ora Vissani»: primo, secondo, dolce e un calice di Brunello a 30 euro. O anche Sergio Marchionne, che del suo maglione di cachemire scuro ha fatto una divisa di rigore, oltre che d'efficienza.
D'altra parte, la sobrietà come cifra esistenziale appartiene a una certa cultura italiana da sempre, dove ha raggiunto anche livelli planetari. Vedi il caso, straordinario dello stile-Ivrea, codificato nella seconda metà del Novecento dall'utopia realistica di Adriano Olivetti, che proprio domani sarà celebrata a Milano al Teatro Studio. La mistica di Olivetti smentì per sempre l'ideologia industriale classica: se gli ingegneri avessero fatto coincidere la funzionalità delle macchine con il design, se gli architetti avessero preso a considerare la socialità e la luce nella destinazione degli edifici produttivi, se gli imprenditori avessero compreso che il mix vincente non era solo un ambiente di lavoro confortevole per il corpo, ma anche positivo per lo spirito, ebbene il risultato è scritto: prodotti rivoluzionari e ineguagliabili, come la Lexicon 80 e la mitica Lettera 22.
D'accordo. Per certi versi Olivetti fu una mosca bianca.Ma c'è da sempre un'Italia che alla sobrietà come forma mentis prima che come forma vitae non ha mai abdicato. Vedi la borghesia genovese, che più di altre si riconosce nell'estetica tradizionale di linee e luoghi che attirano personalità da ogni dove, come Edoardo VII che si faceva fare le cravatte da Finollo, e Gianni Agnelli che non usciva mai in frac se non era stato stirato nella città della Lanterna, dove il nodo alla cravatta rivede e corregge, «al rovescio», il celebre nodo Windsor, e il mocassino testa di moro è già un'eresia rispetto a quello marrone.
Attenzione, però. A non scambiare la crisi del modello con il modello della crisi. Quando le banche falliscono e i mercati precipitano è facile alzare il dito sulla globalizzazione. Più difficile è difenderla, come ha provato Chris Patten, rettore di Oxford, nel suo ultimo libro,
What Next, che IL presenta al pubblico italiano. Un manifesto d'ottimismo, cauto ma deciso, per sopravvivere alle incognite del XXI secolo restituendo un significato corretto alla parola liberismo. Che in fondo vuol dire solo una cosa: avere fiducia nelle capacità, e le responsabilità, dell'uomo di fare scelte sensate. A beneficio di sé e degli altri.
